“Il Nuovo redditometro”

L’art. 38 del DPR 600/73 stabilisce che il reddito complessivo delle persone fisiche può essere determinato dall’Agenzia delle Entrate mediante il c.d. “redditometro”, che consiste in una quantifi­ca­zione presuntiva del reddito fondata sull’assunto in base al quale l’entità delle spese sostenute nel corso dell’anno dal contribuente deve essere coerente con il reddito dichiarato.

L’art. 22 del DL 31.5.2010 n. 78, conv. L. 30.7.2010 n. 122, ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina del “redditometro”. Il DM 24.12.2012 ha emanato le disposizioni attuative della nuova disciplina e l’Agenzia delle Entrate, con la circ. 31.7.2013 n. 24, ha diramato i primi chiarimenti ufficiali sull’ambito appli­ca­tivo del c.d. “nuovo redditometro”.

Si evidenzia che tale tipologia di accertamento:

  • è possibile solo se tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello accertato dall’Agenzia delle Entrate sussiste, anche per un solo anno, uno scostamento del 20%;
  • opera solo a partire dai controlli sull’anno 2009;

L’Agenzia delle Entrate non può, una volta esaminata la posizione fiscale del contribuente, proce­de­re subito con la notifica dell’avviso di accertamento, ma deve, a pena di nullità del medesimo, instaurare un preventivo contraddittorio.

In virtù di ciò, non è automatico che dal controllo scaturisca l’accertamento, siccome il contri­buen­te può, ancor prima di tale momento, dimostrare che l’entità del reddito dichiarato è coerente con le spese a vario titolo sostenute.

Se viene notificato l’accertamento, rimane impregiudicata la facoltà di proporre ricorso dinanzi alla Commissione tributaria, contestando in ogni modo la quantificazione reddituale presunta dall’Agen­zia delle Entrate.

È importante rammentare che nella circolare dell’Agenzia delle Entrate è specificato che nell’ac­cer­tamento bisogna indicare i motivi per cui le deduzioni difensive del contribuente non sono state condivise dal funzionario.

Il contraddittorio verrà focalizzato:

  • sui dati “certi” così come risultanti dalle banche dati, perciò, principalmente, sulle spese la cui esistenza non è messa in discussione;
  • sulle spese presunte legate ad esempio al mantenimento di beni nella disponibilità del con­tribuente;
  • sulla quota di incremento patrimoniale attribuibile nell’anno;
  • sulla quota di risparmio formatasi nell’anno.

Solo nel momento in cui il soggetto verificato non sia in grado di giustificare le incongruenze in re­la­zione a tali dati, che come detto sono in gran parte derivanti da elementi certi, allora saranno og­getto di contraddittorio anche le medie ISTAT sulle spese delle famiglie.

Il primo momento di confronto tra Agenzia delle Entrate e contribuente si ha mediante la notifica dell’invito a comparire.

Tramite tale atto, il contribuente viene invitato, appunto, a comparire per fornire dati e notizie rilevan­ti nonché per esibire documenti relativamente alle spese sostenute nel corso dell’anno, o alle spe­se presunte dal DM 24.12.2012, relative al mantenimento di beni nella sua disponibilità, come auto­vetture, natanti e immobili.

Ricevuto l’invito a comparire, il contribuente ha l’obbligo di presentarsi alla data fissata per l’incon­tro e, se le giustificazioni che egli adduce vengono ritenute persuasive, la pratica potrà subito essere archiviata.

Occorre evidenziare che:

  • la mancata comparizione del contribuente può comportare l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 258,00 a 2.065,00 euro;
  • in linea di principio, i documenti che non vengono prodotti a seguito di circostanziata e spe­ci­fica richiesta contenuta nell’invito non potranno più essere utilizzati in momenti pro­ce­dimentali successivi (ciò non succede se nell’invito è presente un generico invito a pro­durre documenti idonei a giustificare la totalità delle spese sostenute).

Dopo l’invito a comparire, se il contribuente non ha fornito giustificazioni sul “come” è stato in gra­do di sostenere determinate spese oppure le ha fornite ma non sono state ritenute idonee per archi­viare la pratica, verrà emesso un invito al contraddittorio, finalizzato all’accertamento con adesione.

Nell’invito sono contenute le imposte che si presumono evase.

Il contribuente, nel momento in cui riceve l’invito, può accettare integralmente la pretesa e, in tal caso:

  • bisogna pagare gli importi richiesti a titolo di imposta, anche in forma rateale senza la ne­ces­sità di prestare alcuna garanzia;
  • le sanzioni da infedele dichiarazione (dal 100% al 200% della maggiore imposta) sono ridotte a un sesto del minimo.

 Se l’Agenzia delle Entrate e il contribuente non sono riusciti a trovare un accordo, viene notificato l’avviso di accertamento, che contiene l’intimazione al pagamento delle somme pretese.

Ove venga proposto ricorso occorre pagare, entro 60 giorni dalla notifica, un terzo degli importi richiesti a titolo di imposta.

Bisogna mettere in risalto che, ricevuto l’accertamento, il contribuente può:

  • prestare acquiescenza, fruendo della riduzione a un terzo delle sanzioni se versa le som­me entro 60 giorni, anche in forma rateale senza prestare alcuna garanzia;
  • definire le sole sanzioni fruendo della loro riduzione a un terzo, potendo ricorrere per la sola imposta (gli interi importi richiesti a titolo di sanzione devono essere versati entro 60 giorni);
  • presentare ricorso (dopo la notifica del ricorso, le parti possono definire la vertenza tramite conciliazione giudiziale, potendo negoziare la pretesa, e in tal caso le sanzioni sono ridotte al 40% e gli importi possono essere versati ratealmente senza garanzia);
  • se gli importi richiesti a titolo di imposta non sono superiori a 20.000,00 euro, notificare il reclamo e stipulare, prima di trovarsi di fronte al giudice, un accordo di mediazione, con possibilità di negoziare la pretesa (in tal caso le sanzioni sono ridotte al 40% e gli importi possono essere versati ratealmente senza garanzia).

Il contribuente può dimostrare che il maggior reddito determinato dall’Agenzia delle Entrate:

  • non sussiste;
  • oppure sussiste, ma in misura inferiore.

 A tal fine, bisogna documentare il possesso di:

  • redditi esenti totalmente o parzialmente, come alcune tipologie di borse di studio o i redditi di lavoro dipendente dei frontalieri;
  • redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, come gli interessi attivi bancari, i divi­dendi derivanti da partecipazioni “non qualificate”, i proventi dei fondi comuni di investi­mento;
  • redditi soggetti a imposta sostitutiva, come gli interessi sui titoli di Stato e su altre ob­bli­ga­zio­ni, i proventi derivanti da gestioni patrimoniali individuali;
  • redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (si può trattare di somme non soggette a tassazione nei confronti del contribuente accertato, come i prestiti di amici o di familiari, il tutto debitamente documentato);
  • redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta.

.Ferma restando la necessità dello scostamento del 20% tra reddito accertato e reddito dichiarato, ogni persona fisica, quindi, potrebbe essere accertata.Si rammenta però che l’Agenzia delle Entrate, pur non effettuando nessun riferimento quantita­ti­vo, ha affermato che i controlli verranno indirizzati solo nei confronti dei soggetti che presentano scostamenti di rilievo.

L’Agenzia delle Entrate, ai fini del c.d. “redditometro”, considera, principalmente:

  • le spese “certe”, che derivano dalle informazioni presenti in Anagrafe tributaria basate su da­ti oggettivi, il cui ammontare, di conseguenza, è conosciuto da entrambe le parti;
  • le spese “per elementi certi”, legate al possesso di determinati beni, la cui presenza non è mes­sa in discussione, come le spese che le indagini statistiche imputano a fronte del pos­ses­so dell’auto o della barca;
  • le spese “per beni e servizi di uso corrente”, ovvero le medie ISTAT;
  • la quota di incremento patrimoniale attribuibile nell’anno;
  • la quota di risparmio formatasi nell’anno.

Le spese connesse all’abitazione rappresentano una delle macro-aree più signi­fi­cative del c.d. “redditometro”.

Per prima cosa, viene individuata l’abitazione dove il contribuente risulta avere la residenza, che può essere posseduta:

  • in proprietà o altro diritto reale come l’usufrutto;
  • in locazione o in leasing immobiliare;
  • in uso gratuito (comodato).

Sono considerate anche le spese di gestione, connesse al godimento del bene, ma non per gli immobili destinati per loro natura ad uso strumentale.

Relativamente alle spese di gestione:

  • le spese per acqua e condominio e manutenzione ordinaria, se non puntual­men­te rilevate, sono attribuite in base alla media ISTAT;
  • per le spese relative a elettrodomestici, arredi e altri beni e servizi per la casa, vale quanto detto nel punto precedente;
  • per le spese di combustibile, si fa riferimento ai dati pervenuti dai Gestori di servizi di pub­bli­ca utilità, con l’eccezione del riscaldamento centraliz­za­to, per il quale può anche valere la media ISTAT;
  • per i contratti di servizi di telefonia fissa, mobile e satellitare, si fa rife­ri­men­to alla media ISTAT;
  • per le spese di mediazione immobiliare, si vagliano i dati presenti nell’atto di acquisto dell’immobile;
  • per i collaboratori domestici, si considerano i dati comunicati dall’INPS.

I costi derivanti dalla restituzione delle rate di mutuo sono legati all’effettivo esborso sostenuto dal contribuente, che comprende la quota capitale e gli interessi, inclusi gli oneri connessi e gli interes­si di mora.

Le spese di locazione rilevano per il costo sostenuto al fine di pagare il relativo canone, rap­por­tato alla durata ed al numero delle parti che intervengono nel contratto oggetto di registrazione.

L’Agenzia delle Entrate afferma che le spese sanitarie sostenute dal contri­buen­te e dai familiari a carico sono imputate tenendo conto di ciò che è indicato nella dichiarazione fra gli oneri detraibili e risultante da dati certi.

Ai fini del c.d. “redditometro” vengono individuati tutti i mezzi di trasporto che, sulla base dei dati presenti nel PRA o presso la Motorizzazione civile, risul­ta­no nella disponibilità del contribuente o in leasing.

In assenza di spese puntualmente individuate, è calcolata, in forza dei kilowatt, la spesa per carbu­rante, olio, pezzi di ricambio e manutenzione, rapportata alla quota e ai mesi di possesso.

Veicoli in leasing

Le spese per istruzione derivano dai dati disponibili in Anagrafe tributaria, con l’eccezione di quelle relative ai libri scolastici e alle rette per le scuole, ove, se l’informazione non è conosciuta, si fa riferimento alla media ISTAT.

La spesa patrimoniale effettuata dal contribuente, ad esempio per acquistare un immobile, viene imputata quale maggior reddito per intero nell’anno del sostenimento.

Nel sistema precedente, invece, l’incremento patrimoniale si presumeva formato con redditi conse­­guiti, per quote costanti, nell’anno del suo sostenimento e nei quattro antecedenti.

Gli investimenti, però, non vengono valutati per l’intero ammontare della spesa, ma al netto:

  • sia del mutuo o del finanziamento ottenuto per l’acquisto;
  • sia dei disinvestimenti netti effettuati nei quattro anni precedenti.

Gli esborsi che l’Agenzia delle Entrate considera non sono solo quelli relativi all’acquisto di veicoli o proprietà immobiliari, ma anche, tra gli altri, le polizze vita, i contributi previdenziali volontari, gli oggetti d’arte e antiquariato e le manutenzioni straordinarie delle unità abitative.

Le spese che derivano dalle indagini ISTAT sono prese come parametro per la determinazione dell’imponibile.

L’Agenzia delle Entrate ha affermato che le medie ISTAT saranno utilizzate solo in via residuale, al fine di integrare gli elementi presenti in Anagrafe tributaria.

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